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E’ DA DISTESI CHE SI VEDONO LE STELLE

Quello che sto solcando non e’ un angolo di mondo.
E’ un cerchio in cui il centro e’ una piccola imbarcazione spinta dal vento dove il raggio e’ sia l’esatta meta’ sia la luce del sole che brilla più a sud.

L’area del cerchio qual’e’?
4/3 di acqua x vento forza 3

Vorrei conoscere il pittore che lo ha dipinto e il musicista che ne ha creato la melodia.
Lo immagino stendere la tela sul pavimento, lui nel centro.
Compie un giro completo su se stesso gettando secchiate sulla superficie del colore dominante.
Un passo indietro per vedere il risultato ed eccolo inciampare nel barattolo di vernice bianca creando le onde, un blu scuro per dare profondità aumentandone il volume.
Ad opera compiuta, mette la firma e si distacca completamente, così come io saluto chi ho incontrato e prendo il largo separandomi da terra, ogni clic e’ una foto indelebile che passa in sequenza nella mia mente, gli occhi tremano, il cuore brilla.
Se c’è una parola per descrivere l’oceano e’ Potenza, sia in acque mosse che in quelle calme, non può essere altrimenti. Troppo grande, troppo profondo, forse solo troppo.
Dove se non esistesse la linea che li separa, cielo e mare si abbraccerebbero invece che creare l’illusione di due fotografie incollate perfettamente, le onde mosse dal vento si danno appuntamento al sole all’orizzonte e nel loro andare mi invitano a fare altrettanto.

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Sono pochi metri quadrati quelli su cui viaggiamo, sufficienti per sentire il vento che soffia sulla vela e sulla pelle, una doccia di acqua salata pescata con un secchio, testimoni di un mondo ora piatto, poi obliquo.

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Finalmente conosco anche il musicista che sulle note del “va pensiero” dirige l’orchestra alzando e abbassando la bacchetta prima in alto e poi in basso in un movimento continuo e ripetuto.
E i pensieri se ne vanno per davvero sulle ali dorate. Terminato l’applauso non esiste più nulla se non quella distesa dove tutto è un po’ più blu, dove l’alba e’ regale, il tramonto reale e il silenzio surreale.

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Cala la notte.
E’ la luna che permette all’oscurità di esistere.
Senza di lei sono una nave fantasma uscita da un racconto fiabesco fluttuante nel nulla.

luna

Nel turno di guardia notturna mi sdraio a prua alzando gli occhi al cielo
perché è solo da distesi che si vedono le stelle.
Mi chiedo come possa esistere crudeltà sotto ad un cielo stellato come questo, se solo stasera gli impostori guardassero in su sono certo se la farebbero nei pantaloni.

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Prendo una ad una le stelle con l’indice e il pollice della mano, le unisco con linee fino a formare oggetti senza forma, cercando la parola magica nascosta nell’infinito.
Creo qualcosa.
Ora Non sono solo.
Andromeda prende vita lassù, introduce le ali fatate di Pegaso.
Ad ogni battito d’ali del leggendario cavallo una stella cade, e’ vittima delle fauci dell’Orsa Maggiore più in basso, quella Minore porta sul dorso la Polare. Tra i due colossi c’è in corso una zuffa, e’ una delle sette fatiche che Ercole deve superare con le stelle del dragone, per rubare il cuore della dea Cassiopea, protetta dallo scettro del marito Cefeo. Intorno a loro animali osservano la scena, sopra di tutti sta Nettuno che muove le pedine inconsce del loro destino.

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Spengo gli occhi, mi lascio cullare sicuro che i sogni non si infrangono al mattino, vengono semplicemente rapiti in cielo al culmine della loro bellezza.
E’ per questo che alzando gli occhi al cielo ci piace sognare, cerchiamo i nostri tra i tanti perché infondo sono sempre stati li, protetti da quei Dei immortali che il tempo non ha vinto.

Sotto di loro uno strapiombo e infine la spianata dove navigano i solitari tra i comuni mortali.

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